Dopo aver trattato aspetti più strettamente politici legati a problemi italiani e al multiculturalismo, questa edizione intende vedere qual è e quale sarà - nel contesto della globalizzazione - il nostro rapporto con le culture e le economie delle grandi nazioni emergenti dell’Asia, in particolare dell’India e della Cina. Malgrado le apparenze, le civiltà umane non si conoscono reciprocamente: barriere linguistiche, religiose, di costume e di mentalità lo impediscono.Il mondo sembra unificato, ma non è così; anzi, per certi versi, i confini mentali tendono a diventare più rigidi con la difesa a oltranza della propria identità. Esiste una differenza di livello tra economia e cultura, anche se la prima tende a erodere la seconda.L’India, con cui l’Europa ha avuto rapporti plurimillenari, e la Cina,che è invece vissuta a lungo in splendido isolamento e indifferenza, sono oggi punti di riferimento decisivi per capire quali saranno i tratti fondamentali del nostro imminente futuro, quando la “civiltà atlantica” sarà forse sorpassata da quella asiatica. Occorrerà vedere quali effetti il nostro incontro sempre più ravvicinato con questi giganti produrrà a livello dei nostri modi di pensare e di sentire, del mercato del lavoro con la sua crescente precarizzazione, dell’istruzione, della religione, dell’economia e della tecnologia. L’Italia, in particolare, è presa entro la morsa del basso costo del lavoro asiatico e dello scarso progresso scientifico e tecnologico, che rischia di scardinare anche il sistema del welfare, una conquista frutto di lunghe lotte.A causa dell’accesso di miliardi di uomini in precedenza condannati a bassi consumi, bisognerà, più in generale, prepararsi a un ridimensionamento dei nostri stili di vita per effetto di una nuova ripartizione delle risorse energetiche, del cibo e dell’acqua a livello planetario? Come evitare prevedibili conflitti su piano economico e militare? Su quali criteri dovranno basarsi i nostri scambi politici e culturali?
Remo Bodei
Direttore Scientifico del Festival